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Convegno annuale – Ex Allievi Salesiani di Vercelli

Nella mattina di domenica 9 maggio si è tenuto il convegno annuale degli Ex Allievi Salesiani di Vercelli.

Il Presidente Paolo Pedraccini e Flavio Ardissone hanno dato appuntamento alle 10.30 nella Chiesa Parrocchiale del Sacro Cuore al Belvedere per la S.Messa. A seguito si è svolto il convegno per fare il punto della situazione. L’evento non è stato “senza popolo”, ma “senza pranzo finale” per i noti motivi – Covid19. I crediti anche se non formativi sono stati propizi.

Il “Vercelli Oggi” ha descritto l’appuntamento.

Dai campi alle industrie così nasce il Belvedere con un cuore salesiano – Vercelli

Don Paolo Pastorino, racconta, attraverso uno scritto inedito, la storia del Belvedere a Vercelli, soffermandosi sulla nascita del borgo e su come si sia trasformato nel corso del tempo. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato su “La Stampa“.

Il quartiere è conosciuto per la Cooperfisa e il suo cine-teatro all’oratorio

«Il Belvedere è un popoloso Sobborgo che si protende, come un immenso braccio, in due lunghi filari di case e di casette e di palazzi, a destra e a sinistra dello stradone di Gattinara, dalla parte occidentale dell’antichissima Città di Vercelli».

Così, osservano Flavio Ardissone, docente e responsabile marketing del Cnos Fap Don Bosco e l’allievo Giuseppe Borzunati che ne hanno riscoperto lo scritto inedito, il sacerdote salesiano don Paolo Pastorino, nel 1918 illustrava la nascita del rione.

«All’epoca a unire il Belvedere alla città c’era il viale Umberto I che divideva in due il quartiere e piazza Vittorio Emanuele che si allargava verso via Gattinara, arteria principale del Borgo, nel largo di Porta Torino».

Attraversato dalla ferrovia il Belvedere cominciava a crescere e popolarsi. Fino a cinquant’anni prima il «borgo» non esisteva. Solo pochi casolari in mezzo alla campagna e campi seminati a cereali e ortaggi.
«In vicinanza della città – scriveva don Pastorino – spiccava però un caseggiato che sembrava svettare sui pochi altri per la sua ampiezza, il suo bel giardino e per un piccolo poggio che gli sorgeva accanto, recintato da un parapetto di cannucce intrecciate e ornato di passiflora. Da questo piccolo poggio si scoprivano i campanili, torri, cupole e tetti della città; i raggi del sole vicino al tramonto illuminavano quegli edifici che parevano trasfigurati».
Da quella casa (oggi nel complesso dei salesiani) è nata la denominazione Belvedere che ha da sempre accompagnato il rione. Con gli anni anche il Belvedere è cambiato. Cantieri, fabbriche, stabilimenti hanno trovato spazio in questo scorcio della città: la raffineria di riso Lombardi, il Calzaturificio Pisani, il Cotonificio Maggia, la fabbrica dei concimi chimici, il Lanificio Vercellese hanno reso il rione uno più industriali della città.
Oggi ospita una delle più antiche aziende artigianali conosciute a livello mondiale: la Cooperfisa.
Con la costruzione del cavalcaferrovia nel 1933 da parte dell’amministrazione di Adriano Tournon, il vecchio stradone ha iniziato a essere percorso dal tramvay, quindi da automobili sempre più rombanti che hanno trasformato quel tratto di città in uno dei più frequentati snodi quotidiani. Il Belvedere si è esteso intorno alla via per Olcenengo e al rione San Pancrazio. Ma il rione è rimasto quello tranquillo e laborioso di sempre.
«Uno dei punti fermi è la chiesa del Sacro Cuore affidata ai salesiani – sottolinea Ardissone -. Una comunità che spesso ha dovuto vivere momenti difficili, come durante il secondo conflitto mondiale. La gente fece un voto alla Madonna del Belvedere e, nonostante un duro bombardamento aereo nella strada verso Olcenengo, nessuno rimase ferito».
Da sempre Belvedere è stato sinonimo in città di cine-teatro. La sua sala, all’interno dell’oratorio e oggi chiusa, è stata sempre pronta ad accogliere le nuove tecnologie.

Labs to Learn: secondo incontro Community Lab Vercelli

Venerdì 19 febbraio si è tenuto il secondo incontro di Community Lab del progetto Labs to Learn per la realtà di Vercelli. Di seguito il resoconto della serata.

Un appuntamento che vede come protagonista un gruppo eterogeneo di persone desideroso di condividere e di far conoscere la propria realtà territoriale.

Attraverso la mediazione del pedagogista Emanuele Fusi tutti i partecipanti si sono sentiti coinvolti in attività che hanno stimolato fantasia e creatività ma che, nel contempo, hanno permesso di far riflettere su un tema caro a tutti gli ospiti della serata ovvero: l’arte dell’educare. Un difficile compito, talvolta gravoso e carico di responsabilità ma ricco di soddisfazioni e di gioie per il cuore.

Sentirsi parte di una comunità, che educa alla vita e al lavoro, con l’intento comune di agire nel bene e per il bene di coloro che vivono in difficoltà è stato il motore pulsante di tutti i momenti di animazione e di partecipazione attiva del gruppo.

La gioia nel sentirsi parte di un progetto comune è ricordare sempre che… educare è cosa di cuore!

Arrivederci al prossimo appuntamento!

MB

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Don Bosco 2021: una comunità, una sola storia

Il titolo del video sintetizza il cammino verso la festa di don Bosco compiuto dai ragazzi e dai giovani di Vercelli. Ogni realtà giovanile della nostra Opera – Oratorio, Parrocchia, Centro di Formazione Professionale – ha colto e interpretato un aspetto particolare della vita di Giovanni Bosco e le performance artistiche sono state abilmente cucite nel video dagli animatori.

Una carrellata di immagini per esprimere come il sogno di don Bosco ancora oggi sia vivo a Vercelli!

 

I festeggiamenti per Don Bosco

La grande festa per San Giovanni Bosco. Di seguito l’articolo riportato sul sito di VercelliOggi.it del 31/01/2021 e l’articolo di InfoVercelli24 del 01/02/2021 in merito ai festeggiamenti presso il nostro Centro di Formazione Professionale.

IL SANTO CHE CERCAVA UN CORTILE

Due giorni tutti per San Giovanni Bosco al Belvedere – Ospiti d’onore l’Arcivescovo Marco Arnolfo e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano – Il filmato di un’ora, con le omelie ed i canti – LA GALLERY
due canti che sono il simbolo del carisma salesiano. Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione. Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.

Il video di quasi un’ora che documenta i due giorni di fede, spiritualità e – soprattutto – allegria veramente salesiana vissuti a Vercelli il 30 e 31 gennaio, si inizia e conclude con due canti che sono il simbolo del carisma salesiano.

Il primo è moderno: “Siete tutti ladri, ragazzi miei, non ho più il mio cuore, ce l’avete voi” che è la cifra di una vocazione e di una missione.

Conclude il documentario il celeberrimo “Don Bosco Ritorna”.

Due celebrazioni, in questi due giorni che – diciamolo subito – sono state animate da cantorie (quella “Senior” e quella dei giovani, veramente brave e preparate).

La musica ed il canto, del resto, hanno tanto posto nel magistero della Congregazione, come in quello illustrato dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice.

Parlare dei salesiani e del loro Santo fondatore, San Giovanni Bosco, non è difficile, soprattutto per gente piemontese.

Lo fanno in modo veramente magistrale, nelle due omelie che riuniamo nella prima parte del video, Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo di Vercelli e Don Bruno Ferrero, Direttore del Bollettino Salesiano.

Integrali, nel video, entrambi gli interventi.

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L’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica di sabato 30 gennaio alla Parrocchia del Sacro Cuore, al Belvedere.

Il Presule non ha mancato di ricordare quell’episodio che ebbe per protagonista il Santo. Aiutò un suo ragazzo di 16 anni a trovare lavoro in un’officina della Torino paleo industriale.

Ma non lo lasciò con quel padrone, appunto, “ottocentesco”, senza prima avere ottenuto per lui condizioni umane di lavoro.

Il lavoro, prima occasione di riscatto, integrazione, realizzazione ed integrazione della persona umana.

Se, a sua volta, umano.

La lettura del Vangelo di San Marco (1,21-28) del resto, era proprio lì, a ricordarci cosa significhi davvero essere autenticamente “autorevole”.

Dal latino “augere”, accrescere; per traslazione: aiutare a crescere.

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Poi, l’ospite d’onore di questa mattina, domenica, memoria liturgica di San Giovanni Bosco, Don Bruno Ferrero, scrittore di fama internazionale e Direttore del Bollettino Salesiano, il mensile diffuso in 134 Paesi nel Mondo, l’Organo ufficiale della Congregazione.

Mirabile omelia, che mette a contatto i fedeli appartenenti alle tre Parrocchie rette da Don Augusto Scavarda e dalla Comunità salesiana di Vercelli (Belvedere, Isola, Caresanablot), la Comunità Vercelli Nord, o – per curiale precisione, zona pastorale 18 – con quattro verità fondamentali.

La prima.

Il punto preciso dove sia nato Giovanni Bosco non è storicamente noto.

Ma è un fatto storicamente acquisito che, nella Torino del contrasto drammaticamente stridente tra ricchezza e povertà, abbia cercato un posto dove riunire, ospitare, educare, dare un futuro ai ragazzi più poveri e soli.

Una strada stretta e difficile, perché la frattura sociale era ampia, non attenuata da una borghesia già rinunciataria che, ancor prima di identificarsi in un segmento sociale, si accontentava di ridursi a stato d’animo.

Nella completa assenza di qualsiasi altro luogo di attenuazione delle differenze, dei contrasti, delle diseguaglianze e, infine, del dolore che tutto ciò portava, Don Bosco cercò “un cortile”, un luogo fisico dove radunare i derelitti, il simbolo di un’accoglienza, si direbbe oggi, “in sicurezza”, al riparo dai predatori, che avevano mille volti.

Accoglienza che poi si sarebbe fatta non solo sussistenza, ma, come abbiamo visto, istruzione, educazione, formazione professionale, avviamento al lavoro.

Lavoro che, come avrebbe molti anni più tardi insegnato Giovanni Paolo II nella sua prima Enciclica “sociale”, la Laborem Exercens, non può abbandonare l’orizzonte di senso della promozione umana: “Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso, il suo soggetto”.

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La seconda verità.

Qual è il “nocciolo” dell’esperienza educativa di Don Bosco?

L’amore.

Il canto “Siete tutti ladri…” ce lo ricorda, ma con parole davvero ispirate – che possiamo sentire integralmente nel video – Don Bruno ci “sminuzza” il concetto in modo accessibile.

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Con il terzo richiamo, si affronta una delle maggiori difficoltà della modernità.

L’amore non è “buonismo”, è fatto di cura, attenzioni, preoccupazione per il bene dell’altro.

Con realismo profondamente radicato nel quotidiano Don Bruno evoca la domanda, cruda, rivolta da una bimbetta di sette anni alla mamma, così occupata dal mondo: “Se ti do tanto fastidio, perché mi hai fatta?”.

Tutta l’esperienza, la vocazione, la storia salesiana, è lì a dire, invece, che i bambini, i ragazzi, i giovani, sono doni di Dio affidati a noi.

Sono la cosa più importante che possa “occuparci”.

Ce ne dobbiamo ricordare quando – con allusività semantica forse involontaria – diciamo di essere “presi”, “occupati”.

Sono occupato.

Ma qual è la potenza nemica che ci occupa, il ladro che ci prende?

Ha un nome antico.

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Infine, quello forse fondamentale, tra questi quattro “link” suggeriti da Don Ferrero.

Il coraggio.

Il coraggio di andare avanti.

Di sé e delle proprie opere, Don Bosco diceva che fossero nate “sotto le bastonate”, progredite allo stesso modo e continuassero così, sempre sotto le bastonate.

Non ebbe mai nulla di facile, niente potè iniziare avendo già un “business plan” rassicurante, i conti in ordine.

Diceva che le cose, se fossero state riconosciute utili da Dio, sarebbero andate avanti con i doni della Provvidenza.

E se non fossero state ritenute utili, sarebbe stato ancor meno utile che fossero rimaste.

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Così, toltosi il peso, l’ansia, la paura del futuro, gli fu evidentemente possibile affrontare ogni cosa senza perdere l’allegria, anzi riuscendo ad infondere ottimismo – per tanti diseredati, forse la prima occasione di conoscere un po’ di spensieratezza – tanto che San Domenico Savio potè insegnare che “qui da noi, la santità consiste nello stare molto allegri”.

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Ma… c’è un “ma”.

Sempre, quando contempliamo la stupefacente realtà salesiana, questo pensiero ritorna a farsi vivo.

Sono 134 i Paesi del Mondo in cui ci sono preti salesiani, suore Figlie di Maria Ausiliatrice.

Più di 14 mila preti e 11 mila suore.

Un numero enorme di istituti di formazione professionale e sterminato di allievi.

Ebbene, quando guardiamo a tutto questo, non dobbiamo mai dimenticare che nulla di tutto questo ci sarebbe, senza cose che possono apparirci in tutta la loro minorità.

Ce ne rendiamo conto meglio se ci rechiamo al Colle Don Bosco, dove più netto è il contrasto tra la casetta da dove partirono, il Santo e la mamma, alla volta di Torino e la maestosa basilica edificata molti anni più tardi.

Ebbene, quelle cose minime, da cui nacque tutto, furono un bambino di nove anni ed un avverbio.

Un bambino ed un avverbio breve che sta tutto in due lettere.

Un bambino e un sì.

E’ onnipotente, ma senza il sì di un bambino, Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che si è visto in questi 150 anni e più.

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Due piccole cose senza le quali Dio non avrebbe potuto fare nulla di tutto quello che vediamo.

Senza le quali decine di migliaia di ragazzi sarebbero rimasti abbandonati in un mondo ingrato.

Se in quel piccolo cuore non fosse zampillato un sì, non si sarebbe liberato l’oceano di amore e di azione che irrorato il mondo, che l’ha – almeno un po’ – reso migliore.

E’ vero, la chiamata a realizzare la volontà di Dio si può manifestare in tanti modi: la risposta, però, è una sola.

Foto Gallery Vercelli Oggi

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Cnos Fap: dopo la grande festa

Le immagini, le toccanti parole di Don Pietro Urbinis e soprattutto Don Bosco

Dopo la trasmissione di venerdì un mio collega di cui non faccio il nome ma cito solo le iniziali, PP, mi ha inviato una bellissima mail che concludeva con questa frase: “Pensa in quante famiglie è entrato ed entrerà il nome di Don Bosco e della Sua Opera di Vercelli. Grazie!”

Aggiungo che tra sabato e domenica con alcuni amici abbiamo contribuito a portare anche la musica del nostro Don Bosco in tanti posti vicini e lontani.

E’ stata proprio una bella festa perché con Don Bosco la vita è sempre festa, è canto,è fremito di gioia…

Ecco dunque le immagini della giornata e, sotto, la bellissima e commovente omelia che don Pietro Urbinis ha tenuto il 31 gennaio 2021 presso l’istituto delle suore FMA di Vercelli.

Flavio Ardissone

Se c’è un inno nella storia della musica che più di ogni altro si può dire adatto a Don Bosco è l’inno alla gioia di Beethoven, perché Don Bosco è realmente il re della gioia. Ancora semplice fanciullo e pastorello ai Becchi creava pomeriggi ricchi di serenità e di gioia per grandi e piccini con i suoi giochi di prestigio, sempre accompagnati da una preghiera e il richiamo all’omelia udita durante la S. Messa.

Quando nell’autunno del 1831 a 16 anni lasciò la sua casa paterna ai Becchi per scendere a Chieri e frequentare le scuole superiori per poi entrare in Seminario, fondò tra i suoi amici, la Società dell’allegria.” Il nome fu indovinato – scrisse nelle sue memorie -, perché ognuno aveva l’impegno di organizzare giochi, tenere conversazioni, leggere libri che contribuissero all’allegria di tutti. Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la disobbedienza alla legge del Signore”. Il programma della società era condensato in due soli articoli: Nessun discorso, nessuna azione che non siano degni di un cristiano e esattezza nei doveri scolastici e religiosi. Divenuto sacerdote, D. Bosco fu sempre un diffusore di allegria, di gioia e di ottimismo.  Famose sono alcune sue espressioni: “Stai allegro, fa’ tutto il bene che puoi e lascia cantare gli uccelli del cielo”. “Cuor contento il ciel l’aiuta”;

“Stai allegro, il demonio ha paura della gente allegra “. “Serviamo il Signore in allegria”. Come Direttore spirituale di tanti giovani, il primo consiglio che dava loro era quello di essere allegri. Ce lo ricorda Domenico Savio:” Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. Per questo i ragazzi stavano bene accanto a Don Bosco. “Mi voleva bene “ricordavano tutti i ragazzi.

 D. Bosco non solo esortava a stare allegri, ma era lui stesso a creare  occasioni continue di gioia e di allegria per i suoi ragazzi: stupende passeggiate autunnali per le colline del Monferrato con la banda in testa, ricreazioni vivacissime in cortile, di cui lui era il principale animatore ( giocò con i suoi ragazzi finche l’età, la salute e i numerosi impegni non glielo impedirono), il teatro, la musica ( <Un Oratorio senza musica è come un corpo senz’anima>- diceva e -<Non porre impedimenti alla musica>), le feste: tutto era organizzato per creare gioia e allegria e tenere lontano il male e il peccato. Per questa sua disposizione sapientemente coltivata, i ragazzi, appena lo vedevano, gli si affollavano intorno. Lui aveva sempre una battuta pronta per tutti. Ad un ragazzo che aveva il muso lungo D. Bosco sorridendo gli chiedeva: “Al tuo paese la luna piena è grande come a Torino?” E immancabilmente il sorriso tornava sulle labbra del ragazzo Ad un altro che gli aveva posto una domanda ingenua gli rispondeva in piemontese.” T’se propi ‘n fa fiuché (sei proprio uno che fa nevicare!”).. Anzi correva nell’oratorio la voce che quanto più D. Bosco appariva allegro, tanto più grandi erano le preoccupazioni e i fastidi che lo assillavano. L’ottimismo e l’umorismo sono senz’altro segni particolari della sua personalità:

” Coraggio! Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto” – era solito dire a chi vedeva triste, imbronciato o giù di corda. E ai suoi ragazzi:” Correte, giocate saltate, purché non facciate peccati”. Scriveva ai suoi giovani da Roma:” Uno solo è il mio desiderio: vedervi felici nel tempo e nell’eternità:” Al termine della sua vita terrena, queste parole condensano il cuore del suo messaggio ai giovani di ogni epoca e di tutto il mondo. nel tempo e nell’eternità”. Essere felici, come meta sognata da ogni giovane, oggi, domani, nel tempo. Ma non solo. Nell’eternità è quel di più che solo Gesù e la sua proposta di felicità, la santità appunto, sa offrire. E’ la risposta alla sete profonda di “per sempre “che brucia in ogni giovane. E non solo in ogni giovane.

Le radici dell’allegria di Don Bosco, infatti, e il desiderio di essere sempre e dovunque portatore di gioia affondavano saldamente in una Persona, una persona con la P maiuscola, della quale parlano quattro libretti, che unici al mondo portano tutti lo stesso titolo: “La lieta notizia”. E Gesù è questa lieta notizia, questa Persona con la P maiuscola, che è vicino a ciascuno di noi, cammina con noi, soffre e gioisce con noi, fatica con noi ogni giorno in casa, a scuola, sul lavoro, vuol vivere la sua vita con noi, condividendone tutti gli aspetti lieti o tristi, donandoci ad ogni occasione il suo aiuto, il suo incoraggiamento, la sua forza, il suo sorriso. Per questo vale sempre l’esortazione di S. Paolo: “Siate lieti, ve lo ripeto, siate lieti: il Signore è vicino”.

Gesù è la ragione e il fondamento della nostra gioia: egli che è venuto a liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte, e ad aprirci le vie della salvezza eterna.

Gesù è la nostra gioia: da Lui l’attingiamo per diffonderla attorno a noi e formare un cerchio di gioia.

L’esempio di Don Bosco sempre sereno, ottimista, ricco di speranza e il suo insegnamento ci sono certamente di stimolo e di incoraggiamento in questo brutto momento di pandemia che stiamo attraversando. Anche lui è passato attraverso giorni e periodi di difficoltà, di dolore, di sofferenza, di perdita e di distacco da persone care. Eppure non ha mai perso la speranza, perché era fermamente convinto nella presenza, nella vicinanza e nell’aiuto consolatore del Signore e della Madonna, che, nonostante tutto, non ci abbandonano mai. Era convinto che con le rose ci sono le spine, ma che con le spine ci sono sempre le rose e che, per dirla col Manzoni, Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande. Affidiamoci allora alla sua intercessione per rinnovare in noi la fiducia e la speranza nel Signore, vincitore del peccato, del male e della morte. Non lasciamoci mai rubare la speranza, come ci augura Papa Francesco; anzi cerchiamo di essere anche noi portatori di gioia, serenità, ottimismo e speranza per chiunque incontriamo. Come dice il nostro Rettor maggiore nella strenna di quest’anno:” Siamo luci che invitano alla speranza con la testimonianza del nostro vivere, trasmettiamo la felicità nel modo semplice, ma autentico di vivere la nostra fede”

Don Pietro Urbinis

Foto Gallery Info Vercelli 24

Concorso di Presepi 2020

Al via la nuova edizione del Concorso di Presepi da parte della comunità pastorale di Vercelli. Il concorso è iniziato il 13 dicembre, con lo spirito di coinvolgere grandi e piccoli, diversamente da quanto proposto gli scorsi anni.

Per partecipare è sufficiente inoltrare l’immagine del proprio Presepe tramite Whatsapp. Di seguito il testo di presentazione del concorso e la locandina con tutte le informazioni utili:

È iniziato domenica 13 dicembre il concorso presepi per il Santo Natale 2020; quest’anno l’iniziativa è rivolta non solo ai ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado, ma anche ai giovani o agli adulti che vogliano inviare le foto dei loro presepi.
L’iniziativa si ripete già da qualche anno riscuotendo successo fra i ragazzi; non vuole essere solo una gara (anche se certo ci saranno dei vincitori), ma soprattutto occasione per creare nelle proprie case il “mirabile segno del presepe”, come lo definisce Papa Francesco nella sua Lettera Apostolica Admirabile Signum, e per offrire una possibilità di meditazione sul mistero dell’Incarnazione che a Natale si compie.

 

CFP: un augurio “dall’alto” per don Augusto Scavarda

In occasione del compleanno del Parroco del Sacro Cuore, don Augusto Scavarda, ecco il video realizzato dal Centro di Formazione Professionale di Vercelli con il drone che “visita” il Sacro Cuore dall’alto. Di seguito il video della Db Productions.

AUGURI “DALL’ALTO” PER DON AUGUSTO SCAVARDA 

CFP Vercelli: nasce la D.B. Production per le attività e i video del centro

Nasce la Db Production per le attività e i video di Cnos-Fap.

Si chiama D.B. Production la nuova iniziativa creata dall’infaticabile Flavio Ardissone formatore e responsabile marketing del CFP Cnos fap Don Bosco di Vercelli.

Si tratta di un marchio scolastico sotto il quale saranno raggruppati tutti i video inerenti attività, eventi speciali e altre creazioni degli allievi del centro salesiano del Belvedere.

“Con la collaborazione tecnica di Paolo Ignetti di Vercelli Web TV-ci dice Flavio Ardissone- abbiamo ideato e creato tantissimi video e tanti ancora ne arriveranno. Ecco che allora si è pensato di raggrupparli sotto una unica etichetta aprendo anche una pagina social su Facebook accanto a quella già esistente del CNOS FAP. Gli allievi sono entusiasti e con una ricetta di divertimento, creatività e inventiva raggiungiamo finalità educative fino ad ora impensabili”.

La sigla della “Casa di produzione” è stata eseguita da Manuele Barale e Roberto Foglia.

(Pubblicato il 10 settembre 2020 da Flavio Ardissone – formatore e responsabile marketing del CFP Don Bosco di Vercelli)

>>> Leggi anche la notizia su TGVercelli.it

CFP Vercelli: un ultimo evento per l’anno formativo 2019/2020

Un filmato sulla storia dei vecchi teatri vercellesi. Questo l’ultimo evento organizzato per l’anno formativo 2019/2020 dal Centro di Formazione Professionale di Vercelli. Si riporta di seguito l’articolo oggi pubblicato da Flavio Ardissone, Formatore e Responsabile Marketing del Centro.

ULTIMO EVENTO DELL’ANNO FORMATIVO 2019/2020 DEL CNOS DON BOSCO DI VERCELLI

“Dall’ottobre scorso è stato un susseguirsi di grandissime iniziative e manifestazioni che hanno coinvolto centinaia di famiglie ed allievi–ci dice Flavio Ardissone-formatore e responsabile marketing del cfp di corso Randaccio –Dopo indimenticabili openday, mostre storiche ed eventi, realizzazioni di numerosi video, chiudiamo l’anno formativo concretizzando l’evento che avevamo programmato per mettere in risalto Don Bosco in qualità di protettore dei prestigiatori e dei giocolieri.

Doveva essere un evento spettacolo dal vivo che prevedeva la presenza di spettatori ma per il Covid abbiamo dovuto annullarlo. Come per altre situazioni abbiamo convertito tutto il lavoro di ricerca storica svolta in classe in un video.

Gli Allievi si sono distribuiti i compiti cercando immagini di vita vercellese, elaborando la scaletta e infine scegliendo le musiche. Da tutto ciò ne è scaturito un filmato che racconta in breve la storia dei vecchi teatri vercellesi con particolare riferimento agli spettacoli di magia per ricollegarsi all’idea iniziale.”

La presentazione , della quale vi renderemo nota la data, si terrà nei prossimi giorni con il patrocinio del Comune di Vercelli.

Un modo diverso di far scuola al CNOS DON BOSCO di Vercelli curiosando con gli allievi alla riscoperta delle bellezze storiche della nostra città.

CFP Vercelli: guardare il futuro con la serenità di Don Bosco

Il Centro di Formazione Professionale di Vercelli guarda il futuro con la serenità di Don Bosco. Di seguito l’estratto dell’articolo pubblicato ieri su Cuneoggi.it con il video realizzato dal Centro.

Diceva di San Giovanni Bosco, Don Domenico Bertetto:

“Don Rua e il Cardinal Cagliero attestano che quando crescevano i debiti, le difficoltà e i dispiaceri, vedevano Don Bosco più allegro del solito, tanto che quando lo udivano faceziare di più, dicevano: ≪ Bisogna che Don Bosco sia ben nei fastidi, giacchè si mostra così sorridente≫. (IV, 251).

Un giorno ricevette un gravissimo dispiacere. Invece che mostrarsi afflitto e melanconico, si dimostrò più allegro del solito, cosicchè un confratello gli espresse la sua meraviglia nel vederlo così allegro. Don Bosco gli rispose: ≪ Eppure oggi ho ricevuto il più forte dispiacere, che abbia avuto in vita mia≫. (XVIII, 376).

Sembra di riudire le parole di San Paolo: ≪ Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione ≫.

Anche gli Apostoli, dopo essere stati insultati e battuti perché fedeli a Gesù Cristo, se ne andarono pieni di allegrezza. L’amor di Dio alimenta la serenità e l’allegria anche nelle prove; dove infatti si ama, insegna S. Agostino, non si soffre.; e se viene la sofferenza, anche questa è amata, perché diventa mezzo per dimostrare a Dio il nostro amore.

Questa allegria, fondata sulla grazia e sull’amor di Dio, Don Bosco sapeva far regnare nelle sue case. Un giovane, poco dopo il suo ingresso nell’Oratorio, scriveva ad un amico: ≪ Qui mi sembra di essere in un paradiso terrestre. Tutti sono allegri, ma di una allegria veramente celeste, e specialmente quando si trova Don Bosco in mezzo a noi≫. (V, 713)”.

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